Corpo e senso di identità

Nello scorso articolo abbiamo parlato di come possa essere utile, per comprendere le proprie emozioni, ascoltare i cambiamenti del corpo. Ma come possiamo definire questa capacità?

Interocezione!

Questa può infatti essere definita come la capacità di un individuo di rilevare i segnali corporei, creando una mappatura momento per momento dello stato interno.

Questo ci è utile perché, come ci siamo già detti, il corpo si attiva diversamente e in luoghi diversi in base all’emozione provata.

Ti sei mai accort* che quando sei molto arrabiat* senti il viso molto caldo e senti una forte energia alla parte alta del corpo?

Questo succede perché il corpo si sta preparando all’azione, essendo la rabbia la risposta del corpo e della mente alla presenza di un ostacolo che ci impedisce ottenere qualcosa che desideriamo.

Prova a ripercorrere con la mente l’ultima volta che ti sei arrabiat*, quale desiderio o obiettivo era ostacolato? E cosa lo ostacolava?

Per semplicità porto come esempio una delle mie ultime esperienze Qualche giorno fa avevo in programma di uscire per andare in un locale a sentire musica dal vivo, ma arrivata a sera ero molto stanca e gli amici con cui dovevo andare hanno annullato all’ultimo momento.Mi sono arrabbiata molto, ero nervosa, avevo una risposta tagliente per qualsiasi cosa mi venisse detta e anche una volta trovata un’attività alternativa non riuscivo a godermela.
Qual era il mio desiderio? Passare una serata divertente con i miei amici e distrarmi dal lavoro. Qual era l’ostacolo? La mia stanchezza e il cambio di piani da parte dei miei amici

Incredibilmente, dopo aver riconosciuto questi elementi, la mia rabbia è pian piano scemata, lasciando spazio all’ascolto di un’esigenza profonda di allontanarmi dalla routine.

Con l’interocezione il nostro sistema non è solo in grado di percepire, ma riesce anche a sostenere l’equilibrio omeostatico, guidando il comportamento con sensazioni come la fame o la sete. 

 

L’interocezione si distingue dalla propriocezione, che è la capacità dell’organismo di elaborazione le informazioni scheletriche e vestibolari (posizione e movimento del corpo), e dall’esterocezione, ovvero la capacità di percepire l’ambiente.

Tuttavia, può accadere che le informazioni interocettive siano messe in ombra da quelle esterocettive, o indivisibili da queste, o addirittura amplificate: non sono completamente indipendenti l’una dall’altra.

 

L’interocezione può anche contribuire al processo di embodiment (ovvero la capacità di riconoscersi nel proprio corpo): questo fa si che ci sia la possibilità non solo di riconoscere di avere un corpo, ma anche che quel corpo è proprio il nostro, perché possiamo sentirlo e questa sensazione, che è unica per se stessi, deriva da un’integrazione di tutte le percezioni corporee esterocettive e interocettive, quindi provenienti da dentro e da fuori il corpo.

Dopo averci permesso di riconoscere il nostro corpo, i segnali interocettivi possono mantenere il senso di identità a tal punto da darci la possibilità di distinzione tra noi stessi e l'altro. 

Quindi questo vuol dire che se io sento il mio corpo, che ha una certa dimensione e forma, sento in un certo modo i vestiti che ho addosso, vedo con i miei occhi e tocco con le mie mani mi fido così tanto della realtà di queste sensazioni da essere assolutamente certa che invece il corpo dell’altro non è mio e che sente cose diverse da quelle che sento io.

E ancora, dopo averci permesso di distinguerci dall’altro, l’interocezione ci permette di essere sensibili alla presenza dell’altro: lo sguardo diretto di un’altra persona aumenta l’accuratezza interocettiva (quindi per esempio la capacità di percepire il battito cardiaco o il respiro) e l’esclusione sociale la diminuisce. 

Questo significa che lo stato corporeo interno e i suoi segnali influenzano significativamente chi pensiamo di essere quando interagiamo con gli altri, ma che il nostro senso di identità è anche influenzato dal contesto sociale.

Questo è il modo in cui il nostro corpo e la nostra mente ci dicono che non siamo delle isole, ma possiamo essere, insieme agli altri, degli arcipelaghi, rafforzando vicendevolmente il nostro senso d’identità e aiutando a sostenerci in momenti emotivamente difficili da gestire.

Ti è capitato di sentirti un’isola?

 

 

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